“E non ti ho detto di cos'è il miracolo di quella ragnatela che si forma lentamente con i fili tirati tra l'idea a pagina x di un volume, e quella a pagina y di un altro, e dell'immenso senso del giuoco politico, e del paesaggio, e della conoscenza rispettabile delle malattie mentali, ed anche qui, [...]” R. Musil
Le figure della ricerca all'interno della visionarietà artistica creano lo spazio dove poter collocare l'inquietudine comunitaria che soffia come maestro vetraio nel pensiero contemporaneo. Compito non facile quello dell'artista, oggi. Cogliere i processi di trasformazione per un insieme di esseri senza qualità che si muovono per città decadenti non per infrastrutture o per le nauseabonde architetture che seppure organizzate nella consapevolezza della bruttura reggono comunque il passo con l'atteggiamento del sublime carattere del mercato, scambi di segni preconfezionati parole nel vuoto senza l'accompagnamento delle idee senza il gusto dell'aspettativa, ma come segni fatti a guisa di tacche sui muri per ordinare in qualche modo la memoria contemporanea. Segni, codici mancanti di sinonimia, segni creati esclusivamente per l'immediato out out globale. Compito non facile quello dell'artista con il dovere di riassumere nella verità dell'opera il resoconto sensibile del mondo contemporaneo. E' l'inseguimento della personalità che governano gli stati d'animo dei luoghi occidentali dove le divinità della ricerca si inseguono l'una sull'altra rispettando il senso inquieto nei templi immaginari che danno consapevolezza di come tutto è già esistito milioni di volte, già tutto vissuto per la molteplicità di vite. Templi urbani, come personaggi eteronomi di Fernando Pessoa che danno voce alle ombre vuote nel conflitto inquietante dello spazio dove si raccolgono le molteplici identità occultate dell'animo umano...compito non facile quello dell'artista con il dovere di identificarle, catalogarle e dargli spirito all'interno e intorno alle opere.
Arte concettuale suona natico. Ma è pur sempre un atto mentale. Una riflessione sull'arte. Un concetto. Un'idea. Come canta, oltre la vita, uno dei migliori tra gli attori della nuova, ortopedicamente parlando, commedia d'arte italiana. Un ragionamento sul significato dell'arte su un'opera con il vezzo visivo della comunicazione che si prefigge obiettivi traumatici e dertificanti che scambia sabbia per polvere o terra come inizio e una fine come una A o un'Omega o il suo contrario allo scopo di raggiungere una definizione dell'arte. Faziosità dell'inquietudine del nostro nuovo mondo inquieto dentro e fuori dell'arte, nella scrittura, negli spazi possibili per il movimento delle idee. Carmela Corsitto e la primordialità della materia non come letteratura ma come chimica. Nuclei, particelle si muovono nel vuoto dandoci l'illusione della consistenza, del pieno mentre la vulcanizzazione del plexiglas trasforma la trasparenza in trappola di luce rallentata come dalla magnetizzazione speculare degli sguardi che riflettono sulla naturale deformazione organizzata.
Qui non si va da nessuna parte, non si torna indietro non si prosegue non ci si può più muovere si resta sospesi come in un incantevole stato ipnotico di Oliver Sacks. Quattro opere. Forse ce ne sarà una quinta. “A me piace la numerazione dispari” mi dice per telefono. Ci sarà un'opera aperta come finestra che nasconde dietro gli scuri l'ombra e la luce e un'altra che contiene un cucchiaio. Manufatto evolutivo cognitivo.
Crescita fine polvere ordine.
Marzo 2003